Solidarietà tributaria nella risoluzione del contratto di cessione di azienda con patto di riservato dominio


  • Il trattamento tributario della risoluzione del contratto di cessione

    Per effetto del mancato pagamento del prezzo, in presenza di una clausola di riserva della proprietà, quando il valore residuo del credito vantato dal cedente risulta superiore al valore dell’azienda al momento della riconsegna, la differenza costituisce una perdita su crediti deducibile ai fini dell’imposizione diretta e non deducibile ai fini Irap. E per i debiti tributari contratti, cedente e cessionario restano solidalmente obbligati.
    Così l’Agenzia delle entrate che, con la risoluzione 91/E di ieri, è intervenuta, in risposta a una precisa istanza d’interpello, sul tema degli effetti tributari nel caso di risoluzione di un contratto di cessione di azienda con patto di riservato dominio (riserva di proprietà), per inadempimento del compratore.
    I quesiti posti dalla società istante riguardano il detto caso e, essendo anche parte venditrice, la stessa si pone una serie di problemi, tra cui quelli del trattamento tributario dei minori e/o maggiori valori dell’azienda al momento della restituzione rispetto ai crediti vantati per effetto del prezzo concordato, dell’eventuale responsabilità dei debiti tributari pregressi e contratti dall’acquirente, del trattamento tributario dell’indennità eventualmente percepita ai sensi del comma 2, dell’art. 1526 c.c. e degli obblighi, in tema di imposta di registro, in merito all’esercizio della clausola risolutiva espressa o al ricorso alla procedura d’urgenza, di cui all’art. 700 c.p.c..
    Le Entrate richiamano, innanzitutto, alcuni principi contabili (OIC 13, 16 e 19) ma ribadiscono la propria tesi sul trasferimento dell’azienda che, ai fini civilistici è postergato alla data del pagamento dell’ultima rata mentre, ai fini tributari, deve essere considerato al momento dell’atto, che contempla la conclusione del negozio (ris. 338/E/2008 e circ. 41/E/2002).
    Pertanto, quando l’azienda viene riconsegnata, il venditore deve attribuire un valore che può risultare pari, inferiore e/o superiore al valore del credito appostato in contabilità e, nell’ipotesi in cui il valore aziendale risulti inferiore, la differenza rappresenta una perdita su crediti deducibile ai fini Ires, ai sensi dell’art. 101, dpr 917/1986 (Tuir), indeducibile ai fini Irap.
    L’acquisizione delle rate a titolo di indennità, peraltro riducibile dal giudice, si qualifica come sopravvenienza passiva, giacché rappresenta una rideterminazione del prezzo di vendita, deducibile ai fini delle dirette e non deducibile ai fini del tributo regionale.
    Confermata la responsabilità solidale per i debiti tributari anche nel caso di retrocessione dell’azienda, ponendosi in posizione inversa il venditore con il cedente, in coerenza con l’indirizzo giurisprudenziale che tende a evitare mosse elusive (Cassazione, sentenze nn. 5979/2014 e 11972/2015).
    Infine, la risoluzione del contratto, in presenza di una clausola risolutiva espressa, ai fini dell’imposta di registro, risulta disciplinata dal comma 1, dell’art. 28, dpr 131/1986 che richiede, in assenza di corrispettivo, l’assoggettamento in misura fissa (200 euro), mentre l’eventuale provvedimento di urgenza deve essere assoggettato a registrazione in termine fisso, di cui all’art. 8 della tariffa, Parte I, allegato al citato testo unico. ITALIA OGGI - Fabrizio G. Poggiani (riproduzione riservata)

     


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