Riforma del processo tributario con tempi stretti anche nell'appello


  • Limite alla presentazione dei documento a supporto della tesi di parte

    Nell’ambito del contenzioso tributario, grazie alla legge delega, si tenta di velocizzare il processo e, quindi, la Corte di giustizia tributaria di secondo gradito è tenuta alla fissazione dell’udienza di discussione della sospensione entro trenta giorni dalla presentazione della relativa istanza.

    Rafforzato il divieto di produzione di nuovi documenti nell’ambito dei gradi di giudizio successivi al primo.

    Queste due delle novità che, in ossequio a quanto stabilità dalla lett. f), comma 1 dell’art. 19 della legge 111/2023 (legge delega), saranno introdotte nell’ambito della riforma del contenzioso tributario, al fine di semplificare e allo stesso di potenziare il procedimento.

    Si ricorda che, attualmente, il ricorso in appello deve essere redatto secondo le forme individuate dall'art. 53 del d.lgs. 546/1992 e, quindi, lo stesso risulta inammissibile se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi indicati dall'art. 53 del d.lgs. 546/1992 o se non contiene la sottoscrizione del difensore, ai sensi dell’art. 18 del citato decreto; ai sensi dell'art. 57 del d.lgs. 546/1992, inoltre, nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, le stesse debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio.

    Com’è noto, stante il fatto che il meccanismo del rito è basato sull’impugnazione, il divieto di domande nuove assume un ruolo marginale giacché già nel ricorso di primo grado i motivi non possono essere integrati nella memoria illustrativa e, per l'ente impositore, non è ammesso introdurre, in giudizio, nuovi motivi a fondamento della pretesa.

    Naturalmente sono presenti alcune deroghe, come quelle riferibili alle eccezioni rilevabili d'ufficio e alla decadenza posta a favore dell'ente impositore (Suprema Corte di Cassazione, sentenza 21398/2015), mentre il divieto di domande nuove è stato spesso interpretato in maniera non rigorosa anche dai giudici supremi (sul tema, si veda, Suprema Corte di Cassazione, sentenze nn. 11699/2016, 18729/2014, 8854/2019).

    Il legislatore riformatore, pertanto, in ossequio alle disposizioni contenute nella lett. f), comma 1 dell’art. 19 della legge delega (legge 111/2023) ha disposto, preliminarmente, una velocizzazione del processo, prevedendo che, anche nel corso del procedimento di appello, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado fissi l’udienza di discussione della sospensione entro un termine massimo di trenta giorni dal momento della presentazione dell’istanza, con l’ulteriore obbligo di dare comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima.

    Si introduce anche la previsione secondo cui, in sede d’appello, la Corte non possa trattare la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza congiuntamente al merito e si dispone, altresì, l’immediata comunicazione alle parti dell’ordinanza cautelare e l’impugnabilità della stessa entro il termine perentorio di quindici giorni dalla relativa comunicazione.

    Con riferimento, inoltre, alle prescrizioni indicate nella lett. d), comma 1 del citato art. 19 della legge delega, concernente il divieto di produrre nuovi documenti nell’ambito dei gradi successivi del processo, si prevede, con l’obiettivo del rafforzamento dello stesso divieto, la preclusione esplicita per il giudice d’appello di fondare la propria decisione su prove che avrebbero potuto esse disposte o acquisite nel giudizio di primo grado.

    Per il giudice del secondo grado resta impregiudicata, però, la facoltà di acquisire le prove pretermesse nel primo grado, in ragione della loro indispensabilità, ai fini della decisione o in esito alla dimostrazione della riferibilità della mancanza probatoria per causa non imputabile alla parte appellante.

    Naturalmente, resta sempre possibile, per il contribuente, proporre nuovi motivi nel caso in cui la parte in causa venga successivamente a conoscenza di atti e/o documenti non prodotti nel corso dei giudizi precedenti, da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti impugnati.

    Infine, dopo una attenta valutazione delle Commissioni riunite (II e VI) del Senato e sempre con l’obiettivo di rafforzare il divieto di produzione di nuovi documenti, nell’ambito del giudizio di secondo grado, è stato disposto il divieto di depositare deleghe, procure e altri atti di conferimento, nonché notifiche dell’atto impugnato o di atti che ne costituiscono presupposto di legittimità e che possono essere prodotti in primo grado, anche ai sensi del nuovo comma 6-bis dell’articolo 14 (vizi di notifica). Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI  (riproduzione riservata)

     


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