IRES al 20% limitata ai soggetti virtuosi con esclusione delle società in perdita negli esercizi 2024 o 2025 e di quelle assoggettate a procedure liquidative. L’obbligo di accantonamento a riserva dell’80% degli utili, infatti, impone che anche l’esercizio 2024 sia chiuso in utile.
Nella legge di bilancio per 2025 è stato inserita una articolata agevolazione consistente nella riduzione di quattro punti percentuali dell’IRES (dall’ordinaria aliquota del 24% al 20%) per soggetti che realizzano utili, incrementano il personale e investono i beni strumentali nuovi, da destinare alle unità operative collocate sul territorio nazionale.
Per fruire della riduzione indicata dell’aliquota IRES, le società di capitali (e gli enti non commerciali per i redditi riferibili al reddito d’impresa) dovranno rispettare una serie di requisiti ovvero un accantonamento a riserva di almeno l’80% dell’utile 2024, l’esecuzione di investimenti in beni 4.0 e 5.0 non inferiori al 24% dell’utile 2024 (30% dell’80% di quello accantonato), l’incremento della base occupazionale a tempo indeterminato e l’assenza, nel biennio 2024-2025, di ricorso alla cassa integrazione, fatta salva quella ordinaria ottenuta per eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti.
In aggiunta a queste stringenti situazioni, le disposizioni prevedono la decadenza dall’agevolazione nel caso in cui l’utile accantonato venga distribuito, anche solo parzialmente, entro il 2026 o se i beni strumentali sono ceduti entro il 2030.
Il beneficio grava sull’intero imponibile del 2025 e richiede che si verifichino tra 2024 e 2025 cinque condizioni, che devono inoltre essere mantenute negli anni successivi.
La prima, come detto, concerne l’accantonamento a riserva di almeno l’80% dell’utile netto che risulterà dal bilancio al 31 dicembre 2024; posto quindi che restano fuori le società che chiudono in perdita, la riserva deve essere mantenuta fino al 31 dicembre 2026, pena il meccanismo di recupero delle minori imposte versate che avverrà anche nel caso di distribuzione parziale degli utili.
È necessario effettuare investimenti in beni 4.0 o 5.0 per un importo non inferiore al 30% dell’utile 2024 accantonato alla riserva (80%) ovvero al 24% dell’utile netto complessivo e gli investimenti devono essere realizzati tra il 1° gennaio 2025 e il termine per la presentazione della dichiarazione “Redditi 2026” (31 ottobre 2026) e dovranno essere mantenuti fino al quinto anno successivo, pena la decadenza dall’agevolazione.
Nel corso del 2025 le unità lavorative (ULA) per anno non devono risultare inferiori alla media del 2022/2024 e nel medesimo periodo d’imposta si rende necessario assumere nuovi lavoratori, a tempo indeterminato, in modo tale che si concretizzi un incremento occupazionale, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 216/2023, almeno pari all’1% del numero medio dei dipendenti del 2024 e comunque con un aumento di non meno di una unità con contratto a tempo indeterminato.
Infine, nel biennio 2024-2025, la società non deve aver fatto ricorso alla cassa integrazione (CIG), fatti salvi i casi di cassa ordinaria destinata a situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali.
Considerando, quindi, tutte le condizioni articolate e appena indicate, ipotizzando che la società realizzi, per l’esercizio 2024, un utile netto pari a 500.000 euro e nel 2025 un imponibile IRES pari a euro 700.000, l’ente dovrà procedere con l’accantonamento di euro 400.000 (80% di 500.000) e dovrà acquisire (anche in locazione finanziaria) beni strumentali per un ammontare non inferiore a 120.000 euro (30% dell’80% di euro 500.000) nel periodo 1° gennaio 2025 – 31 ottobre 2026, con la conseguenza che il risparmio d’imposta sarà pari a euro 28.000 (4% di 700 mila).
Posta l’impostazione, evidentemente alquanto articolata e complessa, richiesta dalle disposizioni in commento, risulta evidente che la riduzione di quattro punti impatterà sul reddito fiscale riferibile al periodo d’imposta 2025, restando esclusi quei soggetti IRES che rileveranno perdite sia nell’anno 2024 (non ci sarà l’accantonamento dell’80% degli utili netti) e sia nell’anno 2025 (non ci sarà materia imponibile sulla quale applicare l’aliquota ridotta del 20%).
Il dettato letterale della disposizione, in effetti e come detto in precedenza, condiziona l’applicazione della riduzione “al ricorrere” di entrambe le condizioni ovvero dell’accantonamento a riserva di una quota pari all’80% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 e dell’investimento di un ammontare non inferiore al 30% degli utili accantonati (80% degli utili del 2024) in beni strumentali nuovi. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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