Dichiarazione di arrivo sempre valida come prova di avvenuta cessione intracomunitaria


  • Documento probatorio a sostegno dell'esecuzione dell'operazione

    Nell’ambito delle cessioni intracomunitarie, la dichiarazione di arrivo della merce, resa dall’acquirente con riferimento anche alle cessioni “franco destino”, può costituire un documento probatorio a sostegno dell’effettiva esecuzione dell’operazione.
    Ha risposto così, nell’ambito del VideoForum2020 del 13 gennaio, il Comando centrale (III Reparto) della Guardia di Finanza a uno specifico quesito inerente alla fattispecie dei beni con resa in partenza, dopo l’intervento del legislatore comunitario che ha modificato, con effetti dallo scorso 1° gennaio e con il recente regolamento 2018/1912/UE, il previgente regolamento UE 282/2011, introducendo l’art. 45-bis, destinato a stabilire determinate presunzioni, relative alla prova del trasferimento dei beni da un Paese comunitario all’altro.
    Preliminarmente, è opportuno ricordare che per qualificare una operazione come “intracomunitaria” si rende necessaria la presenza di taluni requisiti ovvero la soggettività passiva ai fini Iva delle controparti, l’onerosità della cessione del bene, il trasferimento del diritto di proprietà e/o di altro diritto reale, nonché il trasferimento del bene oggetto della transazione da uno Stato comunitario all’altro.
    La criticità della prova riguardante la non imponibilità Iva applicata agli scambi intracomunitari ha, fin dalla istituzione della disciplina europea, condizionato gli operatori, stante il fatto che non sono mai state fornite puntuali precisazioni in merito, né dal legislatore nazionale, né dal legislatore sovranazionale.
    Si evidenzia, innanzitutto, che il nuovo art. 45-bis introduce la presunzione che i beni siano stati spediti o trasportati da uno Stato comunitario all’altro nel rispetto di determinate condizioni di cui gli operatori debbono fornire prova nei modi e nei termini prescritti; le dette condizioni differiscono in relazione al fatto che il trasporto, da uno Stato all’altro, sia eseguito dal cedente (franco destino) o, al contrario, dal cessionario (franco fabbrica).
    Nel caso del trasporto a cura del cedente, per esempio, si rende necessario, per quest’ultimo, entrare in possesso di almeno due elementi di prova, rilasciati da parti terze, diverse dal venditore e dall’acquirente, costituiti da documento di trasporto o lettera di vettura (CMR) firmato dal cedente, dal cessionario o dal vettore, polizza di carico, fattura del trasporto aereo e fattura emessa dallo spedizioniere.
    In presenza di beni con resa in partenza, però, non era chiaro se il venditore fosse tenuto ad acquisire dal cessionario la dichiarazione di arrivo, come indicata dal § 1.b.) del novellato art. 45-bis del regolamento UE n. 282/2011, soltanto in presenza di cessioni con trasporto o spedizione a cura del cessionario o di un soggetto terzo, per conto del cessionario.
    Nel ricordare che le novità hanno efficacia dall’1/1/2020, la Guardia di Finanza ha confermato sia la presenza di un set documentale differenziato, a seconda che i beni oggetto della cessione siano stati spediti o trasportati dal cedente, o da terzi per suo conto e, quindi, “franco destino”, oppure dal cessionario, o da terzi per suo conto, quindi “franco fabbrica”, sia che la dichiarazione di arrivo resa dall’acquirente è contemplata nel solo caso delle cessioni “franco fabbrica”.
    Viene ulteriormente evidenziato, però, che, con riferimento alle cessioni “franco destino”, l’art. 45-bis indicato richiama, tra le prove da fornire, che il venditore certifichi che la merce sia stata spedita o trasportata da lui o da un terzo per suo conto nel Paese membro di destinazione.
    La conseguenza, pertanto, è che, in risposta al quesito posto in sede di VideoForum2020, la dichiarazione di arrivo resa dall’acquirente potrà costituire, anche nelle cessioni rimesse alla responsabilità del venditore (quindi, “franco destino”), un documento utile a dare evidenza dell’effettiva movimentazione della merce, in linea anche con quanto espresso nel più recente documento di prassi dell’Agenzia delle entrate (risposta interpello n. 100 del 2019).
    In estrema sintesi, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la prova delle cessioni intracomunitarie, anche in assenza di lettera di vettura (CMR) controfirmata, può essere fornita da un insieme di documenti dai quali siano individuabili i soggetti coinvolti nella transazione (cedente, vettore e cessionario) e tutti i dati utili a definire l’operazione e dalla conservazione delle fatture, della documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle dette cessioni, nonché dalla documentazione riferibile agli impegni contrattuali assunti e dagli elenchi delle cessioni (modelli INTRA). Fabrizio G. POggiani - ITALIA OGGI(riproduzione riservata)
     


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