Disapplicazione del concordato preventivo biennale (CPB) al superamento del limite di 7.746.853,50 euro di ricavi e compensi, stante la modifica significativa dei presupposti sulla quale era tarata la proposta, a partire dal periodo d'imposta in cui si verifica la condizione.
Di conseguenza, il patto decade ma restano dovute le imposte e i contributi tenendo conto del reddito concordato ma soltanto nel caso in cui quest’ultimo risulti maggiore a quello conseguito.
Si ricorda, innanzitutto, che soltanto i contribuenti che applicano “effettivamente” gli indici sintetici di affidabilità (Isa) possono aderire al concordato preventivo biennale (CPB), ai sensi del comma 1 dell’art. 10 del d.lgs. 13/2024, con la conseguenza che l'adesione al concordato presuppone che, per il contribuente Isa, non operi alcuna causa di esclusione.
La lett. b-quater), comma 1 dell’art. 21 del d.lgs. 13/2024 dispone, infatti, la cessazione del concordato preventivo biennale nel periodo di imposta in cui il contribuente dichiari ricavi e compensi, e non reddito d'impresa o di lavoro autonomo, "di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale maggiorato del 50 per cento"; in estrema sintesi, la disapplicazione del concordato si verifica al superamento del limite di 7.746.853,50 euro e si verifica a partire dal periodo d'imposta in cui si verifica la condizione.
Di conseguenza, i contribuenti che hanno aderito al concordato preventivo, con la presentazione del modello Redditi 2025 (periodo d’imposta 2024) e che nel periodo di imposta 2025 e/o 2026 dichiarano ricavi o compensi effettivi superiori a 5.164.569,00 euro ma non a 7.746.853,50 euro, non fuoriescono dal concordato, pur non applicando più gli Isa (a sostegno, Agenzia delle Entrate circolare n. 18/E/2024 § 2.4.5).
I contribuenti, invece, che hanno aderito al patto con il Fisco per il medesimo biennio (2025/2026) ma superano la soglia indicata dei 7.746.853,50 devono disapplicare l’accordo a partire dal periodo d'imposta (2025 o 2026) in cui si verifica la condizione, restando dovute, però, le imposte e i contributi determinate in relazione al reddito concordato, e non a quello conseguito, se maggiore rispetto a quello effettivamente realizzato.
La cessazione dal patto è prevista anche se determinate circostanze, di natura straordinaria, determinano redditi o valori della produzione effettivi inferiori di oltre il 30% di quelli oggetto di concordato, ai sensi degli articoli 19 e 30 del d.lgs. 13/2024.
Le circostanze eccezionali sono state individuate dall'art. 4 del D.M. 28 aprile 2025 e, in particolare, si tratta di eventi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, eventi che hanno comportato danni ai locali destinati all'attività, danni rilevanti alle scorte di magazzino, dell'impossibilità di accedere ai locali di esercizio dell'attività o la sospensione dell'attività (principale cliente che ha interrotto l'attività, messa in liquidazione del contribuente, cessione in affitto dell'unica azienda e sospensione dell'attività o dell'esercizio della professione).
Il concordato cessa i propri effetti anche nel caso in cui il contribuente cessi o modifichi l'attività svolta nel periodo oggetto di concordato rispetto a quella esercitata nel periodo di imposta precedente, ai sensi delle lett. a) e b) del comma 1 dell’art. 21 del d.lgs. 18/2024, fatto salvo il caso in cui la nuova attività, esercitata dal contribuente, sia soggetta all'applicazione del medesimo Isa (sul tema, Agenzia delle Entrate circolare n. 18/E/2024 § 2.4.1 e FAQ del 25 ottobre 2024 n. 6).
L'Agenzia delle entrate, inoltre, (circolare n. 9/E/2025 quesito 2.18) ha precisato che la morte dell'imprenditore individuale deve essere ricondotta tra le ipotesi di cessazione dell'attività, con conseguente cessazione del concordato, anche nel caso in cui l'attività di impresa sia portata avanti da uno o più eredi.
Per l’agenzia, infatti, benché in linea di principio la successione ereditaria non impedisca la continuità dell’attività, poiché gli eredi possono decidere di proseguire l’attività subentrando nella titolarità dell’impresa, la detta continuità è posta in capo a soggetti diversi dall’originario contribuente che ha aderito, con la conseguenza che la morte dell’imprenditore individuale deve essere ricondotta all’ipotesi, di cui alla lett. b), comma 1 dell’art. 21 del d.lgs. 13/2024 (cessazione attività); le medesime considerazioni trovano valenza anche nell’ipotesi di donazione d’azienda a causa della variazione soggettiva tra il contribuente che ha aderito al concordato e quello che prosegue l'attività d'impresa. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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