Concordato preventivo biennale: nessun limite ai poteri di controllo dell'Amministrazione Finanziaria


  • L'Agenzia delle Entrate ha chiarito il punto con una importante direttiva interna

    Nessuna limitazione ai poteri di controllo dell’Agenzia delle Entrate sui contribuenti che hanno aderito al concordato preventivo biennale (CPB).

    I controlli potranno essere eseguiti sia con riferimento alle imposte oggetto dell’accordo, sia con riferimento agli altri tributi come, per esempio, l’imposta sul valore aggiunto.

    Questo ciò che emerge dalla lettura dell’apposito paragrafo (§ 4.3) della direttiva n. 50 del 2025, avente ad oggetto gli indirizzi operativi per il 2025, emanati dal settore coordinamento e programmazione dell’Agenzia delle Entrate.

    È noto, infatti, che il comma 2 dell’art. 34 del d.lgs. 13/2024 dispone che “l'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l'impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l'attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”.

    Secondo quanto previsto dalle dette disposizioni, quindi, i periodi d’imposta oggetto di concordato, tanto per i soggetti Isa, quanto per i soggetti in regime forfetario, non possono essere sottoposti agli accertamenti, di cui all’art. 39 del D.P.R. 600/73 (accertamenti analitici, analitico-induttivi o presuntivi e induttivi puri) ai fini delle imposte dirette. 

    La copertura dagli accertamenti appena indicato non è da ritenere assoluta giacché l’esclusione si rende applicabile fatto “salvo che in esito all’attività istruttoria dell’Amministrazione finanziaria ricorrano le cause di decadenza, di cui agli articoli 22 e 33” del d.lgs. 13/2024; in estrema sintesi, la possibilità di effettuare accertamenti, ai sensi dell’art. 39 citato e per i periodi oggetto di concordato, è subordinata all’esecuzione di attività istruttoria dell’Agenzia delle Entrate e al verificarsi di una causa di decadenza dal patto con il Fisco.

    L’Agenzia delle Entrate, settore programmazione, però, nel fornire gli indirizzi operativi agli uffici periferici, in aderenza a quanto disposto dal richiamato comma 2 dell’art. 34, informa che “in ogni caso” non sussistono limitazioni ai poteri di controllo sui contribuenti che hanno aderito all’accordo con il Fisco (quindi, non solo verso quelli che “non” hanno aderito), peraltro sia in ordine alle imposte dovute per effetto dell’adesione al concordato, sia con riferimento agli altri tributi (si cita anche l’Iva) nelle ipotesi in cui non vengano utilizzati meccanismi presuntivi che non sono disattivati dallo stesso istituto.

    Nel medesimo paragrafo, peraltro, si evidenzia che l’adesione al concordato biennale è vincolata a specifiche cause di esclusione, ai sensi degli articoli 10, 11, 23 e 24 del d.lgs. 13/2024 (sul tema si richiama anche i contenuti della circolare n. 18/E/2024), con la conseguenza che gli uffici, prima di iniziare ogni attività istruttoria, dovranno verificare la presenza delle dette cause di esclusione.

    Si richiamano, infatti, come cause di esclusione quelle relative alla presenza di debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o debiti contributivi relativi al periodo precedente a quelli cui si riferisce la proposta di accordo, naturalmente se di ammontare superiore a 5.000 euro, l’omessa presentazione delle dichiarazioni relative ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione dell’accordo, naturalmente se la presentazione era, nel periodo d’imposta considerato, obbligatoria e la presenza di una condanna o di una sentenza di applicazione di una pena per uno dei reati individuati dal d.lgs. 74/2000 (penale tributario), dell’art. 2621 c.c. (false comunicazioni sociali) o degli articoli 648-bis (riciclaggio), 648-ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) e 648-ter.1 (autoriciclaggio) del codice penale, se commessi nei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato (quindi, per il concordato del biennio 2024/2025, gli uffici terranno conto dei periodi d’imposta 2021, 2022 e 2023).

    Infine, nel documento in commento, inevitabilmente, viene evidenziato che i contribuenti potrebbero aver aderito al ravvedimento speciale, di cui all’art. 2-quater del D.L. 113/2024, il quale ha introdotto una specifica sanatoria per i periodi d’imposta dal 2018 al 2022 (resta strumentalmente escluso il 2023 alla base dell’accordo per il biennio 2024/2025) che risulta perfezionata (Agenzia delle Entrate, provvedimento n. 403886/2024) con il pagamento, entro il 31 marzo 2025, per ogni annualità interessata e con utilizzo del modello di delega “F24”, della prima o unica rata di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali e del tributo regionale (Irap). Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     


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