Ravvedimento operoso valido anche in presenza di frodi fiscali


  • Da ritenere superati i precedenti indirizzi dell'Agenzia delle Entrate

    Ravvedimento operoso valido anche in presenza di frodi fiscali. Deve ritenersi ormai superata, infatti, la preclusione dopo i più recenti interventi legislativi e il contenuto di un recentissimo documento di prassi, cui i reparti operativi della Guardia di finanza ritengono necessario attenersi.

    Il Comando generale della Guardia di finanza – III Reparto operazioni – Ufficio tutela entrate, con una circolare indirizzata ai comandi territoriali dello scorso 20 maggio (prot. 0150644/2022) ha fornito le proprie indicazioni con riferimento al recente documento dell’Agenzia delle entrate (circ. 11/E/2022) recante chiarimenti in merito all’applicazione del ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del dlgs 472/1997.

    Nel documento in commento, infatti, viene richiamata l’attenzione, in particolare, sull’applicazione del ravvedimento operoso anche in presenza di condotte fraudolente, giacché si evidenzia che l’istituto, previsto dal citato art. 13 del dlgs 472/1997, non subisce i limiti introdotti dall’art. 13 e dall’art. 13-bis del dlgs 74/2000 (diritto penale tributario).

    Si afferma, per esempio, che la formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento (amministrativo e/o penale) non incide sul perfezionamento del ravvedimento operoso, se eseguito in conformità a quanto disposto dall’art. 13 del dlgs 472/1997.

    Si ricorda, infatti, che il maggior valore attribuito al pagamento del debito tributario, nell’ambito del procedimento penale, ha rappresentato la grande novità introdotta dalla riforma del diritto penale tributario, di cui al dlgs 158/2015, con la conseguenza che mentre nella disciplina previgente, detto pagamento poteva integrare unicamente una circostanza attenuante, oggi l’art. 13 del dlgs 74/2000 rende l’estinzione del debito tributario una causa di non punibilità di talune fattispecie delittuose previste dal medesimo decreto; d’altronde, il nuovo art. 13-bis del dlgs 74/2000 mantiene e incrementa il valore attenuante del pagamento del dovuto per i reati a cui non è applicabile la citata causa di non punibilità.

    La Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 24589/2020) ha affermato, di recente, che in caso di dichiarazione infedele, di cui all’art. 4 del dlgs 74/2000, i pagamenti effettuati a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento che presuppongono l'accertamento della pretesa tributaria non possono valere quale causa di non punibilità in forza di quanto previsto dal comma 2 dell'art. 13 dlgs 74/2000, giacché il ravvedimento operoso deve intervenire prima che l'autore del reato abbia formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di una qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

    In caso contrario, l'estinzione del debito potrà rilevare ai fini della circostanza attenuante, di cui al comma 1 dell'art. 13-bis del dlgs 74/2000, o, se avvenuta durante la fase processuale, quale condotta valutabile per le circostanze attenuanti generiche previste dal codice penale.

    Pertanto, l’Agenzia delle entrate, preso atto di quanto sopra, con il documento di prassi (circ. 11/E/2022), oggetto della comunicazione della Guardia di finanza, ha precisato che il ravvedimento operoso deve essere ammesso anche per sanare violazioni di natura fraudolenta, in quanto lo stesso rappresenta, a seconda dei casi, una circostanza attenuante o addirittura una causa di non punibilità dei reati del dlgs 74/2000; quando la violazione è stata constatata, il ravvedimento, ai sensi del comma 1, lett. b-quater) del dlgs 472/1997, deve avvenire con riduzione a un quinto del minimo ma applicando l'aumento del 50% per le condotte dolose, di cui al comma 3 dell'art. 1 del dlgs 471/1997 o comma 4-bis, art. 5 del dlgs 471/1997, mentre in caso di omessa dichiarazione, la non punibilità presuppone il versamento delle sanzioni piene se il pagamento viene eseguito dopo i novanta giorni, in cui il ravvedimento non appare più ammesso.

    Quindi, conclude il comando generale, si devono ritenere superate le precisazioni fornite con altro documento di prassi (circ. 180/E/1998), mentre le indicazioni fornite con la circolare interna sugli adempimenti da porre in essere in tali casi (circ. 1/2018), compreso l’obbligo di comunicazione della notizia di reato all’autorità giudiziaria con evidenza della condotta del contribuente, da porre in essere in seguito al ricorso all’istituto del ravvedimento operoso da parte del contribuente, devono coerentemente riferirsi anche alle violazioni che risultano connotate da frode. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     


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