Poste Italiane manda in soffitta la "data certa"


  • Per la data certa serve trovare alternative

    Più complicato dare “data certa” ai documenti dopo la soppressione del servizio a cura di Poste Italiane S.p.a..
    Dallo scorso 1° aprile molti utenti e professionisti si sono recati presso gli sportelli postali e hanno, purtroppo, preso atto della scelta dell’ente di non fornire più un servizio, sebbene a pagamento, concernente la cosiddetta “data certa”.
    Sino a tale data era possibile ottenere la data certa, recandosi in un qualsiasi ufficio postale che provvedeva all’apposizione di un timbro, previa predisposizione di un documento a corpo unico (stampato e rilegato in un modo che non permettesse l’aggiunta o la rimozione di pagine), sul quale veniva apposta la dicitura “si richiede l’apposizione del timbro per la data certa”, seguita dalla data e dalla firma.
    Il servizio era fin troppo utile, si pensi soltanto all’utilità nei conferimenti degli incarichi agli stessi professionisti chiamati, oltre che a stabilire a priori, gli onorari con i clienti, anche a fornire la prova che tale accordo sia stabilito in data anteriore al momento rispetto al quale lo stesso professionista (legale, commercialista e quant’altro) si attiva per recuperare il proprio credito, dopo l’esecuzione della propria prestazione.
    Dare “data certa” a un documento o un atto vuol dire, infatti, attribuire allo stesso prova della sua formazione in un determinato momento o, comunque, fornire la prova che la sua esistenza è anteriore rispetto a uno specifico evento o una specifica data.
    Dal punto di vista normativo, e in particolare sotto il profilo civilistico, in materia di prove documentali, si deve necessariamente far riferimento agli artt. 2703 (sottoscrizione autenticata) e 2704 (data della scrittura privata nei confronti di terzi) c.c., i quali dispongono sui metodi utilizzabili per l’attribuzione della “data certa” ai documenti: atto pubblico, autenticazione di un notaio o di altro pubblico ufficiale, registrazione dell’atto presso un ufficio pubblico o di “ogni altro fatto” che stabilisca, in modo ugualmente certo, l’anteriorità della formazione del documento (comma 1, ultimo periodo, art. 2704 c.c.).
    Inoltre, dottrina e giurisprudenza di legittimità, nel tempo, hanno ritenuto idonei, a rendere certa la data, l’utilizzazione del servizio presso i servizi postali con apposizione di apposito timbro direttamente sul documento, l’apposizione della “marca temporale” sui documenti informatici (si tratta di un sistema che si basa su un procedimento informatico stabilito dalla legge) e il servizio di posta elettronica certificata (p.e.c.).
    Quest’ultimo servizio fornisce al mittente la prova legale dell’invio e della consegna del documento informatico, e quindi anche della data, ma per poterlo utilizzare correttamente è necessario che entrambe le parti (emittente e ricevente) siano in possesso di un indirizzo di posta certificata; situazione sicuramente ricorrente per imprese e professionisti, ma più unico che raro tra i privati, con la conseguenza che questo procedimento non può, in linea di principio, essere applicato per ottenere la “data certa” di un verbale inviato dalla società al socio o all’amministratore, per confermare l’erogazione di un finanziamento o l’attribuzione del trattamento di fine mandato, come richiesto dall’Amministrazione Finanziaria.
    Inoltre, la trasmissione tramite pec, in conformità del dpr 68/2005, equivale alla notificazione a mezzo posta e ha valore legale, ma solo nei casi previsti dalla legge; ai sensi del comma 3, dell’art. 48, d.lgs. 82/2005, la data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico, trasmesso a mezzo pec, sono opponibili ai terzi.
    Infine, si ricorda che sulla raccomandata con avviso di ricevimento il codice civile non si esprime ma che la giurisprudenza esclude la “data certa” al documento inviato in busta con tale metodo. Fabrizio G. Poggiani - Italia Oggi (riproduzione riservata)

     

     

     

     


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