COVID 19, gli interventi per la sostenibilità dei bilanci 2020


  • Con il decreto Liquidità gli interventi per il rinvio delle perdite di esercizio

    Per le perdite che riducono il capitale sociale oltre un terzo del suo ammontare o al di sotto del minimo di legge registrate nel corso dell’esercizio 2020 (a partire dallo scorso 9 aprile), nessun obbligo di ripianamento e ricostituzione del capitale minimo. Se, al contrario, la perdita del capitale si fosse già concretizzata in uno degli esercizi chiusi anteriormente (per i solari, per esempio, in quelli chiusi al 31 dicembre 2019), la disapplicazione delle disposizioni civilistiche non può avvenire, con la conseguenza che si rende necessaria la convocazione dell’assemblea per la ricostituzione del capitale sociale nella misura minima.
    Questo uno degli interventi più interessanti voluto dal legislatore con il recente D.L. 23/2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 aprile 2020 n. 94, avente ad oggetto il sostegno finanziario (liquidità) alle imprese e ai professionisti.
    In particolare, con l’articolo 6 si è voluto prevedere alcune deroghe al codice civile in materia di riduzione del capitale a causa del realizzo di forti perdite; a decorrere dal 9 aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2020 il legislatore ha disposto l’inapplicabilità dei commi 2 e 3, dell’art. 2446 c.c., dell’art. 2447, dei commi 4, 5 e 6 dell’art. 2482-bis c.c., nonché dell’art. 2482-ter c.c., da considerarsi anche con il contestale differimento del noto “Codice della crisi” che l’art. 5 posticipa al 1° settembre 2021, salvo talune specifiche disposizioni già efficaci.
    Pertanto, dalla data del 9 aprile scorso e fino alla fine dell’anno in corso per tutte le situazioni che si sono concretizzate entro la detta data (31 dicembre 2020) non si rendono applicabili le disposizioni del codice civile che impongono all’organo amministrativo e, se nominati, agli organi di controllo, determinati adempimenti in seguito al conseguimento di perdite di esercizio.
    La conseguenza è che, in presenza di perdite superiori al terzo del capitale sociale e che lo riducono al di sotto del livello minimo imposto per legge, dopo aver, naturalmente, assorbito tutte le riserve esistenti e presenti nel patrimonio netto, non scatta l’obbligo di coprire la perdita e ricostituire il capitale minimo, trasformare la società in altro tipo che non richiede un capitale minimo o porre la società in liquidazione e, quindi, la perdita sebbene eccedente potrà essere cristallizzata e riportata in avanti.
    Sul punto, l’unico obbligo che si impone è che l’organo amministrativo informi i soci in relazione alla formazione della perdita, spiegando le motivazioni della realizzazione e, soprattutto, le iniziative e le possibilità di un futuro riassorbimento.
    La norma di salvaguardia, inoltre, dispone che per il medesimo periodo la perdita del capitale sociale minimo in conseguenza delle perdite non rappresenti più una causa di scioglimento della società, con la possibilità della stessa di continuare nella propria gestione ordinaria, con l’obiettivo di eseguire il ripristino in positivo del patrimonio netto.
    Peraltro, per il medesimo periodo (dal 9 aprile scorso al 31 dicembre 2020), l’articolo 8 del decreto in commento, a sostegno del patrimonio della società, prevede che ai finanziamenti eseguiti in detto periodo del 2020 non si rendono applicabili le regole sulla postergazione, di cui all’art. 2467 c.c., comprese quelle dell’art. 2497-quinquies in tema di postergazione dei finanziamenti eseguiti a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento, con un inevitabile disallineamento con quelli eseguiti anteriormente alla data del 9 aprile.
    Si ricorda, sul tema e in linea di principio, che restano disapplicate quelle disposizioni che prevedono la restituzione dei finanziamenti al socio soltanto dopo aver soddisfatto tutti i debiti della società, se il versamento è stato posto in essere in un momento della vita aziendale nella quale la società versava in squilibrio o quanto era più plausibile un vero e proprio apporto o un aumento di capitale e non un mero prestito.
    Infine, resta rilevante, in un periodo critico come questo, l’introduzione dell’art. 7 in tema di redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020 (quindi, esercizio 2020) per quanto concerne la valutazione delle voci nella prospettiva della continuità aziendale (“going concern”); le dette norme si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23/02/2020 e non ancora approvati, con la conseguenza che si dovrebbe tenere conto della medesima situazione anche per la redazione del bilancio riferibile al periodo d’imposta 2019, dovendo tenere conto dei dodici mesi successivi a quelli di riferimento del bilancio.
    Quindi, in tal caso, l’organo amministrativo redigendo il bilancio riferibile all’esercizio appena concluso (2019) dovrebbe valutare se nel 2020 la società può continuare a operare ordinariamente, al netto della criticità derivante dall’epidemia Covid-19 in corso. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
     


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