Il Notariato interpreta le disposizioni relative al patto di riservato dominio


  • Il contratto genera plusvalore anche prima dell'atto definitivo

    Da una lettura di natura sostanziale della vendita con riserva della proprietà si deve ritenere che, ai fini dell’imposizione diretta, sussista una immediata rilevanza ai fini impositivi per l’acquirente, quale soggetto passivo anche ai fini dell’imputazione dei redditi fondiari. Tenendo conto di quanto appena indicato sulla immediatezza degli effetti contrattuali, il contratto a titolo oneroso deve considerarsi idoneo a generare un plusvalore anche nelle more dell’acquisto della piena proprietà.

    Queste alcune delle indicazioni rilevabili nelle conclusioni dello studio n. 103-2022/T, approvato dalla commissione studi tributari del Consiglio Nazionale del Notariato il 14 marzo scorso, avente a oggetto i profili fiscali del contratto di vendita con riserva della proprietà, conosciuto anche come contratto con patto di riservato dominio.

    Come indicato nello studio, la fattispecie contrattuale della vendita con riserva della proprietà, per i suoi peculiari effetti, obbliga a considerare la sua rilevanza nell’ambito tributario, partendo dal profilo civilistico e tenendo ulteriormente conto delle diverse teorie presenti, concernenti la natura giuridica e i profili effettuali dello schema negoziale.

    Si ricorda, innanzitutto, che la vendita con riserva della proprietà è disciplinata dagli articoli 1523 e seguenti c.c. e che consente, a chi non ha l’immediata disponibilità economica per l’acquisto di un bene, di pagare l’intero prezzo al momento della conclusione del contratto ma ottenendo l’immediato godimento del bene; gli effetti tipici, di tale tipo di cessione sono che l’acquisto della proprietà, a favore dell’acquirente, avviene soltanto con il pagamento integrale del prezzo e che l’acquirente assume i rischi della cosa sin dal momento della consegna.

    Per effetto di questi due effetti tipici, diverse sono le posizioni in dottrina, sia con riferimento alla natura giuridica del contratto in oggetto sia con riferimento all’impatto tributario ma, in sintesi, in relazione agli effetti prodotti, si ritiene che la vendita con riserva di proprietà si possa configurare come un contratto con effetto traslativo mediato o differito e con immediato effetto costitutivo, non solo con riferimento ai rapporti obbligatori ma anche in relazione alla situazione giuridica soggettiva di natura reale in capo all’acquirente.

    Dal punto di vista pubblicitario si rileva che la trascrizione del patto di riservato dominio (con particolare riferimento agli immobili) si scontra, da una parte, con il principio di tipicità degli effetti degli atti soggetti a trascrizione nei registri immobiliari e, dall’altra, con la rigidità dei modelli ministeriali che non contemplano l’ipotesi di trascrizione del patto, con la conseguenza che nella prassi si provvede con una mera menzione nella nota di trascrizione, attraverso il ricorso al meccanismo condizionale, di cui all’ultimo comma dell’art. 2659 c.c..

    Tralasciando le problematiche concernenti la voltura catastale del contratto è importante analizzare i risvolti di natura tributaria, sia ai fini dell’imposizione diretta che indiretta, tenendo conto delle disposizioni contenute nell’art. 67 e nell’art. 109 del D.P.R. 917/1986 (Tuir) e dell’imputazione dei redditi fondiari, tenendo conto dei contenuti dell’art. 1 del medesimo testo unico, sia ai fini Iva, facendo riferimento all’art. 6 del D.P.R. 633/1972, sia degli altri tributi (imposta di successione, registro), compresi quelli locali (I.M.U.).

    Nel comparto delle imposte dirette, si ritiene possibile aderire alla tesi dell’immediata rilevanza della posizione dell’acquirente, arrivando a stabilire, nell’ambito dei redditi diversi, che il contratto risulta astrattamente idoneo a generare un plusvalore anche nel caso di trasferimento a titolo oneroso della posizione contrattuale dell’acquirente, nelle more dell’acquisto della piena proprietà.

    Ai fini Iva, la detta vendita si deve ritenere eseguita al momento della stipula, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 633/1972, tenendo anche conto dei contenuti dell’art. 14 della Direttiva comunitaria n. 2006/112/CE che definisce le cessioni di beni come “il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario”.

    Infine, con riferimento alla imposta di successione (Ministero delle finanze, risoluzione n. 272755/1976), in caso di morte del compratore, in successione cade unicamente un diritto di credito determinato dalle rate versate dal de cuius mentre, in caso di morte del venditore, si dovrebbe dichiarare il diritto di proprietà del bene; per l’imposta di registro, il contratto di vendita è soggetto a tassazione proporzionale fin dall’origine. Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     

     

     

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