Fisco attento nel recupero del credito erariale


  • Velocità e attenzione alla situazione economico-patrimoniale

    Gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate, nel trattamento offerto al Fisco, devono tenere conto della capienza del patrimonio del debitore-proponente al fine di tutelare il credito erariale, attuando il miglior recupero possibile. Di conseguenza anche una maggiore velocità di azione e massima attenzione alla situazione economica-finanziaria dell’impresa e alla sostenibilità del risanamento aziendale.

    È evidente che gli indirizzi operativi forniti dall’Agenzia delle Entrate con la recente circolare 21/E/2022 sono anche in linea con le recenti modifiche eseguite al d.lgs. 14/2019 (“Codice della crisi e dell’insolvenza”), essendo finalizzate a contemperare l’esigenza del miglior recupero del debito erariale e la prosecuzione dell’attività aziendale, con la possibile  conservazione dei posti di lavoro.

    Un paragrafo piuttosto ignorato dagli operatori ma da considerare con estrema attenzione e che ben si associa alle recenti modifiche introdotte dal d.lgs. 83/2022 alla composizione negoziata della crisi, con particolare riferimento i nuovi limiti introdotti con l’art. 25-novies, in tema di segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, riguarda la tutela del credito erariale (Agenzia delle Entrate, circolare n. 21/E/2022 § 1.8).

    Dalla semplice lettura del capitolo, preso atto degli effetti della pandemia Covid-19, emerge chiaramente un maggior impegno che gli uffici periferici dovranno applicare nella valutazione per garantire, da una parte, il miglior recupero delle imposte dovute e non versate, dall’altro, la prosecuzione delle attività di impresa e/o di lavoro autonomo e il mantenimento della forza lavoro.

    Per l’Agenzia delle Entrate il fattore tempo, quindi, assume rilevanza, in relazione alla concreta probabilità di realizzare il risanamento dell’impresa, anche in termini di riduzione del rischio di aggravamento della crisi.

    Quasi sicuramente è da questa estrema filosofia, applicata fin troppo rigidamente dalla Pubblica Amministrazione, che è scaturita la disposizione, attualmente sotto osservazione e assai criticata, per cui l’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo di segnalare all'imprenditore e, ove esistente, all'organo di controllo, nella persona del presidente del collegio sindacale, se il detto  organo è collegiale, a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, l'esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all'Iva, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni superiore all'importo di euro 5.000,00.

    Gli uffici periferici, inoltre, nell’ambito dei principi di trasparenza e di corretto esercizio della propria attività di accertamento e controllo, devono agevolare tutte le forme di contraddittorio, in relazione ai contenuti delle proposte e dei piani di risanamento che siano ritenuti carenti, non attendibili o non sostenibili.

    E’ fin troppo chiaro che l’erario rischia seriamente di non recuperare una grossa fetta di imposte e tributi arretrati (ma anche futuri), anche per effetto delle recenti crisi (pandemia e conflitto Ucraina-Russia), con la conseguenza che la propria attività istruttoria (Agenzia delle Entrate, circolare n. 34/E/2020) in presenza di una proposta e di un piano di risanamento deve tenere sempre conto della convenienza economica del trattamento offerto dal debitore all’erario, in relazione alla capienza del patrimonio del proponente nell’alternativa liquidatoria.

    Si aggiunge che, attualmente, sia la legge fallimentare, di cui al R.D. 267/1942, sia il codice della crisi, di cui al d.lgs. 14/2019, permettono ai giudici aditi di omologare procedure di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione, anche in assenza dell’adesione dell’amministrazione finanziaria, qualora quest’ultima risulti determinante per le necessarie maggioranze e il giudice ritenga più valida la proposta dell’imprenditore rispetto all’ipotesi liquidatoria.

    Peraltro, nell’ambito delle procedure di fallimento, gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate si dovranno adoperare per eseguire tempestivamente tutti gli adempimenti necessari all’insinuazione nello stato passivo, anche quando le dette procedure sono dichiarate da autorità estere (Agenzia delle Entrate, circolare n. 25/E/2013).

    Infine, dall’argomento non poteva essere esclusa l’attività di riscossione, al di là di quanto prescritto per le procedure concorsuali, finalizzate alla tutela della pretesa erariale; al fine di migliorare l’attività di riscossione, tenendo conto sempre conto dei provvedimenti di sospensione, rateazione e rottamazione, le due agenzie (Entrate e Riscossione) dovranno coordinarsi anche ai fini di ottimizzare lo scambio di dati e di informazioni, utili a tali processi. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)  

     

     

     

     

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