Certificazione del rischio fiscale (tax control framework - TCF) appannaggio dei dottori commercialisti e degli avvocati


  • I consulenti del lavoro potranno essere chiamati in causa per materie pertinenti

    Rilascio della certificazione del rischio fiscale (tax control framework - TCF) esclusivamente a cura dei dottori commercialisti e degli avvocati che potranno avvalersi anche di consulenti del lavoro, ma limitatamente a materie di loro competenza.

    Sistema di controllo opzionale esteso anche i contribuenti esclusi dal detto regime di certificazione con riduzione delle sanzioni a un terzo e non punibilità penale se i rischi sono stati preventivamente comunicati all’Amministrazione finanziaria.

    Queste alcune delle novità introdotte nello schema di decreto attuativo, destinato al potenziamento collaborativo, emanato in ossequio alla lett. g), comma 1, dell’art. 17 alla legge 111/2023 e destinato a promuovere la trasparenza e la compliance attraverso la conoscenza tempestiva e preventiva di operazioni potenzialmente rischiose dal punto di vista fiscale.

    Come si evince dalla semplice lettura della relazione di accompagnamento l’istituto in commento si pone l’obiettivo di instaurare un rapporto reciproco di fiducia tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, attraverso una interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, finalizzata a una comune valutazione delle situazioni che potrebbero comportare la generazione di rischi di natura tributaria.

    Per effettuare quanto indicato, il decreto attuativo introduce importanti modifiche al d.lgs. 128/2015 e, in linea con quanto prescritto dal n. 1.3, della lett. g) del comma 1 dell’art. 17 della legge delega, introduce la possibilità di ottenere, a cura del contribuente, una certificazione dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, anche conformemente ai principi contabili, attestata da professionisti qualificati.

    In ordine ai professionisti qualificati e in accoglimento all’osservazione formulata nell’ambito della sesta Commissione (Finanze e Tesoro) del Senato, la disposizione, di cui al n. 2, della lett. a dell’art. 1, riferibile ai compiti, requisiti e adempimenti richiesti per il rilascio è stata modificata prevedendo, nella formulazione definitiva, che la certificazione del tax control framework (TCF) potrà essere rilasciata da professionisti indipendenti ma se iscritti negli albi dei dottori commercialisti e degli avvocati, i quali potranno richiedere le prestazioni degli iscritti all’albo dei consulenti del lavoro ma limitatamente alle materie di loro competenza (paghe e contributi).

    È stato inoltre stabilito che i provvedimenti di attuazione e linee guida devono essere adottati in tempi adeguati, al fine di poter applicare il regime al periodo d’imposta 2024 e che non risulta necessario integrare il provvedimento con una specifica disciplina sanzionatoria, in presenza di certificazioni infedeli, poiché gli aspetti sanzionatori sono già disciplinati dal d.lgs. 241/1997.

    La lettera b), del comma 1 dell’art. 39 del citato d.lgs. 241/1997, infatti, dispone che al professionista che rilascia una certificazione tributaria infedele si rende applicabile la sanzione amministrativa da 516 a 5.165 euro e che, in caso di accertamento di tre distinte violazioni commesse nel corso di un biennio, è disposta la sospensione dalla facoltà di rilasciare la certificazione tributaria per un periodo da uno a tre anni; la medesima facoltà è inibita in caso di accertamento di ulteriori violazioni ovvero di violazioni di particolare gravità.

    Com’è noto, il regime è riservato ai contribuenti che conseguono un volume d’affari (o ricavi) di una certa entità (dal 2024 non inferiore 750 mln di euro, dal 2026 non inferiore 500 mln di euro e dal 2028 non inferiore a 100 mln di euro), che è prevista l’emanazione di un codice di condotta che indichi puntualmente gli impegni che le parti reciprocamente dovranno assumere ma è stato introdotto anche un sistema di controllo del rischio tributario per i contribuenti che non possiedono i requisiti richiesti per aderire al regime di adempimento collaborativo citato; si tratta di uno specifico sistema opzionale (quindi, volontario) di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio.

    La scelta è irrevocabile e permane per due periodi d’imposta ma l’opzione è tacitamente rinnovabile e prevede due benefici premiali: la riduzione ad un terzo delle sanzioni di natura tributaria o in misura non superiore al minimo, per le violazioni relative a rischi comunicati preventivamente con interpello (art. 11 della legge 212/2000) e la non punibilità penale (art. 4 del d.lgs. 74/2000) per le violazioni di norme tributarie, riferibili a rischi relativi ai soli elementi attivi sottratti alla tassazione o agli elementi passivi inesistenti. Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata) 


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