Ai volontari solo rimborsi spese


  • ODv e Riforma del No Profit

    Al via i rimborsi “forfetari” per i volontari. E semplificazioni in vista per le organizzazioni, con l’introduzione di un registro unico e la revisione dei centri di servizio del volontariato.
    Queste, in pillole, le più importanti novità introdotte dalla legge delega approvata lo scorso 25 maggio e in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale per le organizzazioni di volontariato.
    Si ricorda, innanzitutto, che l’attuale legge 11 agosto 1991 n. 266, considera “organizzazione di volontariato” (Odv) ogni ente liberamente costituito al fine di esercitare attività non lucrative, esclusivamente per fini di solidarietà, avvalendosi principalmente di prestazioni personali, spontanee e gratuite dei propri aderenti (cosiddetti “volontari”), cui può essere riconosciuto e liquidato un mero rimborso spese (documentato), di cui ai commi 1 e 2, dell’art. 2, e comma 1, dell’art. 3 della medesima legge speciale.
    Dette organizzazioni assumono, inoltre, l’ulteriore qualifica di Onlus (di diritto) se non esercitano attività commerciali, ai sensi del comma 8, dell’art. 10, del d.lgs. 460/1997 e, al fine di accedere a contributi pubblici e per godere delle agevolazioni, anche di natura tributaria, sono obbligate a iscriversi nei registri regionali e/o delle province autonome, rispettando le condizioni richieste, con obbligo di assicurare i propri aderenti che prestano l’attività di volontariato contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività stessa, ai sensi del comma 1, dell’art. 4, della legge 266/1991.
    Le organizzazioni di volontariato ottengono la qualifica di Onlus se, al fianco delle attività istituzionali, detti enti “non” esercitano attività commerciali “non marginali” (dm 25/05/1995), come prescritto dal comma 5, dell’articolo 30, d.l. 185/2008 e, diversamente dagli altri enti, non devono modificare i propri statuti sociali e non devono presentare la domanda di iscrizione all’Anagrafe delle Onlus, potendo anche non indicare, nella propria denominazione, l’acronimo Onlus, e potendo intraprendere tutte le attività previste dalle proprie leggi istitutive, senza rispettare le limitazioni imposte dal d.lgs. 460/1997.
    La legge speciale richiamata, dopo aver indicato quale attività di volontariato quella “prestata in modo personale e spontaneo e gratuito, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”, definisce l’organizzazione di volontariato (Odv) “ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere la suddetta attività, che si avvalga in modo determinate e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti”; l’attività sviluppata da dette organizzazioni, di conseguenza, si distingue per l’assenza di una finalità lucrativa, con la conferma di un esclusivo perseguimento di fini di solidarietà.
    Tali indicazioni trovano conferma nelle disposizioni che prevedono la “non” retribuibilità delle prestazioni del volontario e l’incompatibilità della qualifica di volontario con una qualsiasi forma di lavoro subordinato e/o assimilato o di lavoro autonomo e con altro rapporto patrimoniale con l’ente in cui lo stesso riveste la detta qualifica.
    Inoltre, in base all’art. 4, della legge 266/1991, tutte le associazioni di volontariato, iscritte e non, hanno l’obbligo di assicurare i propri aderenti contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso terzi; la copertura assicurativa deve avvenire tramite assicurazioni private e non tramite l’Inail.
    Inoltre, le associazioni di volontariato, in base alle disposizioni contenute nell’art. 3, d.m. 14/02/1992, sono obbligate a tenere il registro degli aderenti dove devono essere indicate le generalità, il luogo, la data di nascita e la residenza di ciascun aderente, con obbligo di iscrizione nel giorno stesso in cui il volontario è ammesso a far parte dell’organizzazione.
    Con riferimento alle novità previste dalla legge delega, il primo passaggio interessante è quello con il quale il legislatore vuole semplificare la gestione e il controllo degli enti, con la previsione di un registro unico, diviso in diverse sezioni e tenuto dal dicastero del lavoro.
    In secondo luogo, saranno oggetto di una profonda revisione i centri di servizi per il volontariato (CSV), con l’applicazione del principio tipico degli enti mutualistici, ovvero il cosiddetto “principio della porta aperta”, attraverso il quale tutte le organizzazioni senza scopo di lucro ne potranno fare parte.
    Per quanto concerne i citati centri di servizio (CSV), la legge delega prevede, infatti, che alla costituzione degli stessi possano partecipare gli enti del comparto e non solo quelli di volontariato, e che la costituzione deve essere finalizzata a fornire “supporto tecnico, formativo e informativo” per promuovere la presenza e il ruolo dei volontari, con necessario accreditamento e con sostegno finanziario attraverso lo sviluppo di un programma triennale con risorse provenienti dalle fondazioni, ai sensi dell’art. 15, della legge sul volontariato (legge 266/1991).
    In aggiunta, è prescritto che sia consentito il libero accesso nella base sociale, con previsione di criteri democratici di funzionamento, siano introdotte forme di incompatibilità per soggetti che ricoprono ruoli direzionali e/o con rappresentanza esterna e con il divieto di procedere a erogazioni dirette di denaro e/o cessioni a titolo gratuito di beni mobili e immobili a beneficio dei soggetti inquadrati nel Terzo Settore.
    Nell’ottica di revisionare e razionalizzare il sistema di controllo è previsto che al controllo e alla revisione delle attività di programmazione dei centri di servizio sia svolta mediante organismi regionali e/o sovraregionali, tra loro coordinati su scala nazionale, con l’istituzione del Consiglio nazionale del Terzo Settore, come organismo di consultazione degli enti a livello nazionale e l’introduzione di principi uniformi per l’iscrizione ai registri regionali.
    In tema di volontariato e di promozione sociale, la legge delega prevede ulteriori “tutele dello status di volontario” e la specificità delle organizzazioni di volontariato ai sensi della legge 266/1991 e di quelle operanti nella protezione civile.
    Parte interessante appare, però, quella relativa all’attività del “volontario”, ovvero di coloro che hanno un desiderio di aiutare gli altri, di avere contatti sociali e di promuovere finalità specifiche dell’organizzazione, la quale deve essere svolta a titolo esclusivamente “gratuito”, non potendo essere retribuita in alcun modo, nemmeno dal soggetto che ne beneficia, con la conseguenza che al volontario possono essere soltanto rimborsate le spese “effettivamente” sostenute per l’attività prestata, entro i limiti preventivamente stabiliti dalle stesse organizzazioni; la qualità di volontario è, infatti, incompatibile con qualsiasi forma di rapporto subordinato o autonomo e con altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.
    Nella versione attuale è previsto, infatti, che il volontario non possa percepire nessun emolumento che non sia un mero rimborso “a piè di lista”, sempre ben documentato mediante la presentazione di documenti fiscalmente rilevanti (ricevute fiscali per vitto, alloggio, taxi, soccorso ACI, biglietti per trasporti, ricevute dei pedaggi, biglietti vidimati per i mezzi pubblici e quant’altro), perché in assenza è alto il rischio per cui l’Amministrazione Finanziaria consideri le somme erogate ai volontari come compensi di lavoro autonomo.
    La legge delega prevede la possibilità di riconoscere, anche ai fini di semplificazione degli adempimenti, “rimborsi forfetari” su base annua di modesta entità e, in ogni caso, proporzionali all’impegno, costante e/o saltuario, del volontario, nonché frazioni di anno in cui l’attività del volontario si svolge.
    Di conseguenza, si prevede una specifica modifica alla legge di riferimento, con l’introduzione di rimborsi ai volontari per le attività svolte, ma tenendo conto di criteri “forfetari” come, si ritiene, l’attribuzione dei rimborsi chilometrici che tengono conto delle tabelle ACI. ITALIA OGGI - Fabrizio G. Poggiani(riproduzione riservata)
     


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