Regime di cassa, resta l'inventario


  • Nel regime ibrido si rottamano le rimanenze ma solo ai fini fiscali

    Rottamazione del magazzino valida esclusivamente ai fini fiscali. Permane, infatti, l’obbligo di redazione dell’inventario, con indicazione distinta di quantità e valori per singole categorie.
    Con la recente circolare n. 11/E/2017, l’Agenzia delle entrate ha analizzato il nuovo “regime di cassa” destinato ai contribuenti minori, di cui ai commi da 17 a 23, dell’art. 1, legge 232/2016 (Legge di bilancio 2017).
    Uno degli aspetti più critici e che deve essere attentamente valutato dai contribuenti è quello relativo alla cosiddetta “rottamazione” delle rimanenze, di tutte le tipologie come precisato anche nell’ambito degli incontri con la stampa specializzata (circ. 8/E/2017).
    E’ previsto, in effetti, come ribadito nella circolare in commento nell’apposito paragrafo (§ 4.2) che, ai sensi del comma 18, dell’art. 1, della legge di bilancio 2017, nel primo periodo d’imposta le rimanenze finali, che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente in ossequio al principio di competenza temporale, siano portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime; quindi, se si passa, da gennaio 2017, al regime (naturale) di cassa, le rimanenze di qualsiasi tipo, che l’impresa ha in bilancio al 31/12/2016, si spesano direttamente a conto economico.
    La prima criticità concerne la necessità, comunque, di redigere l’inventario in quanto, per mancato coordinamento con le altre norme (si ricorda che il legislatore ha modificato esclusivamente l’art. 66, dpr 917/1986 e l’art. 18, dpr 600/1973) resta obbligatoria la redazione; in effetti, resta vigente l’art. 9, dl 2/03/1986 n. 69 (convertito nella legge 154/1989) il quale, al comma 1, dispone che “i soggetti che, ai fini della determinazione del reddito di impresa sono ammessi al regime di contabilità semplificata (…) entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione” devono procedere con “le annotazioni rilevanti ai fini della determinazione del reddito” e, soprattutto”, sempre ai sensi della lett. b), devono indicare “il valore delle rimanenze, indicando distintamente per queste ultime le quantità e i valori per singole categorie di beni, in giacenza alla fine dell’esercizio”; quindi la prima paventata (pseudo) semplificazione salta, dovendo il contribuente predisporre le schede di magazzino di fine anno.
    Questo inventario, peraltro, non potendo essere utilizzato per la determinazione del reddito di natura tributaria, non dovrebbe essere utilizzato dall’Amministrazione finanziaria, né ai fini della verifica degli indicatori sintetici di affidabilità, che hanno sostituito gli studi di settore, né ai fini dell’accertamento analitico-induttivo o induttivo, di cui alla lett. d), comma 1 e al comma 2, dell’art. 39, dpr 600/1973.
    La seconda criticità, su cui l’Agenzia delle entrate non poteva e non è potuta intervenire, concerne il fatto che le dette rimanenze potrebbero far rilevare, nel primo periodo d’imposta, una perdita, di natura fiscale, anche consistente che, ai sensi del comma 3, dell’art. 8 del Tuir, può essere utilizzata esclusivamente per l’abbattimento di altri redditi conseguiti nel medesimo periodo d’imposta; quindi non vi è simmetria con le imprese in contabilità ordinaria che possono effettuare il riporto in avanti della quota eccedente, rispetto al reddito determinato.
    Il documento di prassi, invece, interviene nei pochi spazi possibili e quindi fornisce il proprio chiarimento in merito all’impatto che la perdita fiscale, eventualmente concretizzata per effetto della deduzione integrale del magazzino, potrebbe avere sulla disciplina delle società in perdita sistemica (o sistematica).
    In effetti, le Entrate ricordano che, sia in ossequio alle disposizioni di cui all’art. 30, legge 724/1994 (società non operative) sia dell’art. 2, commi 36-decies e 36-duodecies, dl 138/2011 (società in perdita), il reddito minimo deve essere decrementato di un importo pari alle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza temporale.
    Quindi, precisano le Entrate, con riferimento al primo periodo di applicazione del regime di cassa, il risultato fiscale deve essere considerato senza tenere conto del componente negativo derivante dall’integrale deduzione del valore delle rimanenze finali del periodo precedente, al fine di verificare le condizioni di applicazione del regime sulle società in perdita sistemica che considera i risultati fiscali di cinque periodi d’imposta inseriti all’interno del “periodo di osservazione”.
    Di conseguenza, nel caso in cui le dichiarazioni dei detti cinque periodi d’imposta presentassero sempre una perdita, il reddito minimo, determinato ai sensi del comma 3, dell’art. 30, legge 724/1994, deve essere ridotto del valore integrale delle rimanenze del periodo precedente, il quale ha concorso alla determinazione del reddito determinato in via analitica nel medesimo periodo d’imposta (§ 4.2). Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI. (riproduzione riservata)
     


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