A partire dal periodo d'imposta 2024, slalom per la determinazione del reddito imponibile dei lavoratori autonomi


  • Nuove regole che complicano la vita degli operatori nella determinazione di questa tipologia di reddito

    Le deroghe al “principio di onnicomprensività” stanno creando criticità agli operatori che devono procedere, già nelle dichiarazioni relative allo scorso anno, alla valutazione di ogni componente negativo o positivo di reddito.

    Il comma 1 dell’art. 54 del D.P.R. 917/1986, come inserito dalla lett. b), comma 1 dell’art. 5 del d.lgs. 192/2024 prevede che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, in relazione all'attività artistica o professionale (“principio di onnicomprensività").

    Sulla base delle datate precisazioni fornite nell’ambito del reddito di lavoro dipendente (circolare n. 326/1997 § 2.1), si devono ritenere rilevanti tutte le somme e i valori che siano in qualunque modo riconducibili all'attività esercitata, ancorché non provenienti direttamente dal committente, a prescindere dal nesso sinallagmatico tra prestazione e  somme e valori percepiti.

    Inoltre, ai sensi del comma 1 dell’art. 6 del d.lgs. n. 192/2024, il “principio di onnicomprensività” si rende applicabile per la determinazione dei redditi di lavoro autonomo prodotti a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 192/2024), con alcune eccezioni.

    Posto che sono state escluse, dal reddito di lavoro autonomo, le somme percepite a titolo di riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute (telefono, energia elettrica e quant’altro) per l'uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l'esercizio di tali attività e per i servizi a essi connessi, la lett. c), comma 2 dell’art. 54 del TUIR conferma quanto già sancito (Agenzia delle Entrate, circolari n. 38/E/2010 § 3.4 e n. 58/E/2001 § 2.3) ovvero che il costo sostenuto può essere dedotto solo limitatamente alla quota riferibile all'attività svolta dal professionista e che le somme, ricevute dagli altri professionisti con riaddebito, non rilevano quali componenti positivi di reddito.

    L’Agenzia delle Entrate, in totale aderenza alle norme richiamate e in relazione a una risposta a una istanza di interpello (risposta n. 171/2025), ha fornito ulteriori precisazioni sul tema della deducibilità del costo di una polizza professionale, della qualificazione degli interessi e di altri proventi finanziari e sulla tassazione del differenziale positivo derivante dall'acquisto di un credito d'imposta per detrazioni edilizie a un valore inferiore a quello nominale.

    Le somme incassate a titolo di riaddebito agli altri professionisti assicurati del costo sostenuto per il pagamento di una polizza per la copertura dei rischi professionali, non assumono rilievo ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo ma il contraente può dedurre soltanto la quota del premio effettivamente rimasta a suo carico e, quindi, non oggetto di successivo riaddebito.

    In secondo luogo, il nuovo comma 3-bis dell’art. 54 del TUIR, come introdotto dal D.L. 84/2025, dispone che “gli interessi e gli altri proventi finanziari di cui al capo III, percepiti nell’esercizio di arti e professioni, costituiscono redditi di capitale” e, di conseguenza, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo.

    Posta l’assenza di motivazioni di tale scelta, l’agenzia non ha potuto che confermare che i detti interessi sono tassati con ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 600/1973 e che non devono essere inclusi tra i ricavi professionali.

    Di conseguenza, i detti proventi di natura finanziaria non devono essere dichiarati nel quadro “RE” del modello REDDITI, con relativa estromissione dal reddito professionale e con l’eventuale inserimento nel quadro “RL” – Sezione I-A, tra i redditi di capitale, ai sensi dell’art. 44 del Tuir, se non soggetti a ritenuta a titolo d’imposta (è il caso, per esempio, degli interessi maturati sulle somme date a mutuo sui quali la ritenuta del 26% è operata a titolo di acconto, ai sensi del comma 5 dell’art. 26 del D.P.R. 600/1973) caratterizzandosi come frutti o proventi normali dell'impiego di capitale, ancorché non necessariamente predeterminati o predeterminabili.

    L’Agenzia delle Entrate ha precisato, inoltre, che il differenziale positivo derivante dall'acquisto di un credito d'imposta da bonus edilizi a un valore inferiore a quello nominale, ai sensi dell’art. 121 del D.L. 34/2020  concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo; si devono ritenere superate le conclusioni cui era giunta l’agenzia con una precedente risposta (n. 472/2023) e, in relazione al momento di imputazione, il costo assume rilievo nell’anno di acquisto del bonus mentre il valore nominale rileva al momento dell’effettivo utilizzo in compensazione con la delega “F24”. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     


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